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Sarcoma di Ewing cos’è? E come trattarlo

sarcoma

Il sarcoma di Ewing è un tumore localizzato generalmente a livello osseo, derivato da cellule staminali non differenziate.

È una patologia piuttosto rara (3 casi su 1 milione di persone di meno di 20 anni) e in 9 casi su 10 l’età dei pazienti è compresa tra i 5 e i 25 anni.

In particolare il 25% dei tumori riguarda bambini di meno di 10 anni ed il 65% si verifica tra 10 e 20 anni.

Solo in 1 caso su 10 la persona ha più di 20 anni. I maschi ed i bianchi sono più frequentemente colpiti dalla malattia che, nella maggior parte dei pazienti, si manifesta nelle ossa del bacino, nel femore, nella tibia, nell’omero e nella scapola.

Poiché l’età media delle persone affette da questo sarcoma è di 15 anni, esso è ritenuto un tumore pediatrico.

I mezzi diagnostici di cui si serve il medico, oltre all’anamnesi ed all’esame obiettivo, sono la radiografia e la risonanza magnetica.

Quest’ultima è particolarmente utile quando la neoplasia sporge dall’osso. Gli altri test sono la tomografia computerizzata (TAC) dell’osso e dei polmoni (per la ricerca di metastasi).

In alcuni centri è utilizzata la PET (tomografia ad emissione di positroni). Dopo gli esami, il prelievo e l’analisi di un campione del tumore (biopsia) è fondamentale per confermare la diagnosi e decidere le terapie e la prognosi.

Il sarcoma di Ewing è un tumore molto aggressivo che ha la tendenza a produrre metastasi ed a riformarsi nel punto d’origine. I sintomi principali sono il dolore e, nel 30% dei casi, la febbre.

I trattamenti della patologia comprendono la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia.

La rarità della malattia e la complessità dei trattamenti richiedono che la terapia sia svolta in centri altamente specializzati e multidisciplinari.

Sono necessarie le competenze dell’oncologo pediatrico e dell’adulto, del chirurgo ortopedico, dello specialista in oncologia ossea, del chirurgo generale e toracico, dell’anatomo-patologo esperto in sarcomi, del radioterapista, dello psicologo, del fisioterapista e di personale infermieristico specializzato.

In alcuni casi è utile il sostegno del chirurgo della colonna vertebrale, plastico e vascolare.

Nei tumori localizzati la chemioterapia ha lo scopo di ridurre la massa e prevenire la sua crescita.

In seguito, se il caso lo permette, è previsto l’intervento chirurgico o, se non è possibile, si attua un trattamento radioterapico locale.

Quindi il paziente viene sottoposto ad un’ulteriore chemioterapia per distruggere eventuali cellule tumorali ancora in circolo.

Nei casi di sarcoma trattato prima della comparsa di metastasi, le terapie sono molto efficaci e fino al 70-75% dei pazienti può guarire completamente.

Tuttavia tra il 15 e il 25% dei pazienti ha già un sarcoma metastatico quando la malattia viene scoperta. In questi casi la sopravvivenza media dopo 5 anni è del 30%.

Sono previsti tra 14 e 17 cicli di chemioterapia e la rimozione chirurgica spesso riesce a salvare l’arto tramite la ricostruzione con protesi metallica, trapianto da banche dell’osso o dallo stesso paziente.

Se la resezione non è attuabile, sono necessarie 6 settimane di radioterapia locale quotidiana. Il trattamento del sarcoma di Ewing si protrae per un periodo di tempo minimo di 9-12 mesi.

L’applicazione di protesi può essere abbinata al trapianto da donatore ed il trapianto autologo può essere effettuato con vascolarizzazione dell’osso. Queste tecniche funzionano bene su bambini di più di 8 anni d’età.

Gli autotrapianti non vascolarizzati si utilizzano in presenza di difetti minimi. Almeno nel 60-70% il trapianto di ossa grandi offre buoni risultati in termini di funzionalità.

Le protesi oncologiche modulari si adattano alle dimensioni dell’osso asportato e permettono di recuperare la lunghezza e la forma dell’arto.

Nel bambino l’impianto di una protesi non consente più la crescita dell’osso come invece avviene nell’arto sano.

Per evitare che il piccolo paziente, al termine delle terapie e della fase di crescita fisiologica, si ritrovi con l’arto operato più corto di quello controlaterale, sono state messe a punto le protesi allungabili meccanicamente.

Sono disponibili con differenti sistemi di espansione. I modelli più recenti hanno un minuscolo motore con comando elettromagnetico e ricevitore di impulsi.

Quando è necessario allungare l’arto (dopo controlli radiografici), il motore lo estende di pochi decimi di millimetro, in modo assolutamente indolore, tramite un telecomando.

Ciò evita gravi dismetrie che comprometterebbero la stazione eretta e la deambulazione. Gli studi sulle protesi allungabili hanno dimostrato che l’85% degli impianti è ancora funzionale dopo 5 anni (Ritschl 1992; Schiller 1995; Schindler 1998; Grimer 2000).